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ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

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Il mondo in tasca

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Gli ultimi messaggi

2023-07-06 19:25:25
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2023-07-06 19:24:58 Rigore per la Germania?

Fischio finale?
Basta spese in deficit
in Germania. Il governo tedesco ha approvato ieri la bozza di bilancio per il 2024. Il documento sancisce un drastico taglio o, usando le parole del ministro delle finanze Lindner, un ritorno alla “normalità fiscale”. Del resto negli ultimi tre anni, complici pandemia e crisi energetica, il rapporto tra debito e PIL è salito dal 60% al 68%.
Non certo spese folli, sia chiaro: in Italia a causa della pandemia il debito su PIL è cresciuto dal 135% al 152%, prima di tornare a scendere. Ma a Berlino non amano le politiche fiscali espansive. Dal prossimo anno tornerà dunque in vigore il tetto al debito previsto dalla costituzione che, sospeso nel 2020, limita il deficit annuo allo 0,35% del PIL. Come spiegato da Lindner e ribadito dal cancelliere Scholz, la situazione non è più tanto grave da giustificare uno sforamento.

Difesa alta
Per questo motivo la spesa nel 2024 subirà un taglio di 30 miliardi (-6,4%), che toccherà quasi tutti gli ambiti. Tra i settori più colpiti c’è la sanità, con un –33%. Unica eccezione, invece, sarà la difesa. Nel tentativo di avvicinarsi all’obiettivo di spesa NATO del 2% del PIL, la spesa militare salirà di quasi due miliardi (+4%).
Insomma, una proposta all’insegna del rigore, volta a rassicurare una cittadinanza abituata all’era dello Schwarze Null (“nero zero”, riferito a un bilancio federale sempre in positivo) inaugurata negli anni Dieci da Angela Merkel. Con scelte che, però, rischiano di causare dissapori all’interno del già fragile governo di coalizione guidato da Scholz.

Assist a destra?
L’annuncio arriva infatti in un momento economico difficile, segnato da una recessione per adesso leggera, ma che spaventa Berlino. Vero, i dati usciti oggi indicano un inatteso aumento della domanda manifatturiera (+6,4% da aprile a maggio). Ma gli indici di settore rilevano che non si è ancora usciti dal periodo di contrazione economica.
E così l’estrema destra, che può cavalcare lo spettro della crisi, continua a crescere. Dieci giorni fa, per la prima volta da sempre, Alternative für Deutschland ha vinto un’elezione: nel distretto di Sonneberg, in Turingia, non è bastata l’opposizione congiunta di tutti gli altri partiti. Un successo che, seppur arrivato a livello locale, ha un forte valore simbolico. Secondo gli ultimi sondaggi nazionali, infatti, AfD sarebbe ai massimi storici: con il 20% circa dei consensi, è seconda solo alla CDU. E le elezioni europee, ormai, sono dietro l’angolo.

Violenze e deportazioni a Sfax, in Tunisia, dove le tensioni sociali sfociano in brutalità contro i migranti dell’Africa Subsahariana. Ne parliamo oggi nell'ISPI Daily Focus: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/tunisia-migranti-polveriera-sfax-134759
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2023-07-05 19:05:44
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2023-07-05 19:05:34 SCO: la prova del 9    
 
Welcome to the club  
È ufficiale: l’Iran è il nono membro della Shanghai Cooperation Organization (SCO), l’organismo per la cooperazione in campo securitario, politico ed economico nato nel 2001 su iniziativa di Russia e Cina. Ne fanno parte quasi tutti i Paesi dell’Asia Centrale. E negli anni, oltre all’ultimissima adesione, ha incluso tra le sue fila anche Pakistan e India.  
 Proprio la promozione di Teheran a membro a tutti gli effetti ha coronato il 23° summit dei leader SCO, svoltosi ieri in formato online sotto presidenza indiana. Tra i partecipanti più attesi il leader cinese Xi Jinping e, soprattutto, il presidente russo Vladimir Putin, al primo appuntamento multilaterale dopo il tentato colpo di stato di Prigozhin e Wagner.   
 
Bigger is better than big   
Cogliendo la palla al balzo per sottolineare che il popolo russo “è unito come mai prima d’ora”, Putin ha ribadito di essere ancora saldamente al timone del Cremlino. Evidenziando, inoltre, la crescita dell’uso delle valute nazionali negli scambi commerciali interni alla SCO. In particolare tra Mosca e Pechino, che effettuerebbero ora l’80% dei pagamenti in rubli e yuan.   
Ma più dei numeri sulle semplici transazioni commerciali, a elevare la SCO a istituzione potenzialmente capace di plasmare un mondo a trazione “non-occidentale" sono altri dati. Dopo l’ingresso dell’Iran, infatti, i Paesi SCO raccolgono circa il 42% della popolazione del pianeta, così come il 27% del PIL mondiale e il 23% della produzione di petrolio.   
 
Nuovi membri, vecchi problemi   
A conclusione del summit, con la firma della Dichiarazione di Nuova Delhi, gli stati membri hanno ribadito il loro impegno “per la formazione di un ordine mondiale più rappresentativo, democratico, giusto e multipolare”. Nonostante l’inclusione di nuovi Paesi e il già indubbio peso specifico dell’organizzazione possano aiutare ad affermare tale disegno, tutto questo potrebbe non bastare.  
Sempre nella Dichiarazione, tutti i Paesi hanno espresso sostegno al progetto cinese della Belt and Road Initiative. O meglio, tutti tranne uno: l’India. È bene ricordare che la SCO unisce anche attori dalle relazioni storicamente complicate, proprio come Cina e India, o India e Pakistan. Nonostante l’aumento nei numeri, quindi, i vecchi problemi restano, e potrebbero addirittura aggravarsi. Basteranno le prospettive delineate dalla SCO ad accantonare rancori e rivalità di lunga data?   
 
Dall'escalation in Cisgiordania, all'instabilità in Libia, fino alla deriva autoritaria della Tunisia. Cosa sta accadendo in Medio Oriente? Ne parliamo questa sera alle 19 all’ISPI, nell'ultimo incontro del nostro Summer Festival – 5 incontri sui nuovi trend globali. Puoi seguire la diretta qui: https://www.ispionline.it/it/evento/summer-festival-5-incontri-sui-nuovi-trend-globali-mediterraneo-e-medio-oriente
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2023-07-04 19:08:25
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2023-07-04 19:08:16 CINA E USA: DE BELLO GALLIO

La Cina passa il Rubicone
Pechino passa alla controffensiva. Se nell’ultimo anno erano stati soprattutto gli Stati Uniti a introdurre restrizioni sempre più dure verso l’industria tecnologica cinese, oggi la situazione comincia a capovolgersi. Ieri la Cina ha fatto sapere che dal primo agosto, per esportare alcuni materiali critici, servirà un permesso amministrativo. Il nuovo regime si applicherà al gallio e al germanio, due elementi fondamentali per lo sviluppo di tecnologie come i semiconduttori. Ma anche per pannelli solari, telecomunicazioni e apparecchiature militari.
Per ottenere tale permesso, i produttori cinesi dovranno far sapere nel dettaglio chi saranno gli acquirenti stranieri. Una decisione adottata per tutelare “la sicurezza nazionale e gli interessi” cinesi, secondo quanto affermato dalle autorità, e che è stata interpretata come una ritorsione contro le sanzioni occidentali sui microchip.

Veni, vidi, vici?
Nel campo delle materie critiche, però, Pechino ha un vantaggio rispetto all’Occidente. La Cina è infatti il maggior produttore mondiale di germanio. Per quanto riguarda il gallio, invece, Pechino rasenta addirittura il monopolio del mercato. Secondo lo United States Geological Survey, il 96% della produzione mondiale proviene dalla Cina.
Non è la prima volta che la Cina strumentalizza la propria centralità strategica nel settore delle materie critiche. Nel 2010 Pechino aveva introdotto una barriera all’export delle terre rare, differenziando di fatto il prezzo dei materiali dentro e fuori la Cina. Il risultato fu una notevole accelerata delle industrie cinesi che si basavano sulle terre rare, come quella dei magneti permanenti necessari per i motori elettrici. Le restrizioni approvate ieri da Pechino potrebbero avere un effetto analogo, dando un nuovo impulso a un’industria strategica – quella dei semiconduttori – su cui la Cina sta investendo moltissimo.

Tu quoque Biden
L’annuncio cinese arriva a poche settimane dalla decisione di escludere i microchip della multinazionale statunitense Micron dalle infrastrutture critiche del paese. Due colpi in rapida successione, in risposta all’offensiva lanciata da Joe Biden sui semiconduttori a cui si sono uniti alleati USA come Giappone e Paesi Bassi con misure molto stringenti sull’export verso la Cina.
Tutto questo accade nonostante i tentativi di riprendere i fili del rapporto. A fine giugno il segretario di Stato Antony Blinken era stato in visita in Cina e aveva incontrato il presidente Xi Jinping per riprendere un dialogo bilaterale che ormai da circa un anno si è interrotto. Nei prossimi giorni arriverà a Pechino anche Janet Yellen, la segretaria del Tesoro statunitense. Ma la tensione tecnologica che persiste tra i due paesi non lascia adito a grandi speranze.

L'operazione militare lanciata da Israele a Jenin, città della Cisgiordania sede di uno dei maggiori campi profughi palestinesi, è l’ultimo capitolo di un conflitto dalle radici profonde. Ne parliamo nello speciale ISPI, con 12 grafici sull’argomento: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/escalation-israele-palestina-12-grafici-per-capire-come-siamo-arrivati-fin-qui-126406
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2023-07-03 18:59:32
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2023-07-03 18:59:21 PROTESTE IN FRANCIA: MACRON TRA DUE FUOCHI  

“Il comandante affonda con la nave” 
Le violenze in Francia continuano. Ma iniziano, seppur lentamente, a placarsi. La scorsa notte 157 persone sono state arrestate, a fronte delle 718 della notte precedente e delle oltre 1.300 di due notti fa. Peraltro, ieri la nonna di Nahel, il giovane ucciso dalle forze dell’ordine durante un controllo stradale, ha lanciato un appello alla calma, esortando i manifestanti a porre fine alle violenze seguite all’uccisione del nipote. 
Il clima, però, resta infuocato – letteralmente. Nella notte, un vigile del fuoco è morto nel tentativo di domare un incendio a Saint-Denis, periferia nord di Parigi. Mentre, tra sabato e domenica, dei manifestanti hanno assediato l’abitazione del sindaco di L’Hay-les-Roses, comune a sud della capitale. Gli scontri hanno costretto il presidente Macron ad annullare la visita in programma a Berlino e a indire, ieri sera, una riunione di emergenza. 

Le radici dell’odio 
Uno scenario sconfortante per il presidente francese, le cui posizioni moderate sembrano ormai inadatte a un Paese segnato da un forte disagio sociale, che affonda le sue radici in un sistema considerato ingiusto e diseguale. Secondo l’OCSE, il tasso di povertà infantile per i figli di immigrati nel 2019 era quasi triplo rispetto a quelli con genitori nati in Francia (37% contro 12%). Dall’altro lato, anche le forze dell’ordine sono in fermento. Un comunicato rilasciato sabato da due sindacati di polizia, Alliance e Unsa, ha adottato toni decisamente aggressivi, parlando di “guerra” da “combattere” contro “orde di selvaggi” e “parassiti”. Ed è emblematico il fatto che una colletta organizzata per l’agente che ha ucciso Nahel abbia raccolto fondi cinque volte superiori rispetto a quella per la famiglia della vittima. 

Opposti estremismi 
Un’atmosfera di profonde divisioni che, inevitabilmente, si riflette sul panorama politico. E all’orizzonte si stagliano le Europee del 2024. Secondo un sondaggio svolto nel fine settimana, in queste elezioni più della metà dei votanti sceglierebbe un partito alle ali estreme dello schieramento – uno tra il Rassemblement National di Le Pen (che raccoglie il 29% dei consensi) e la coalizione di sinistra radicale NUPES fondata da Mélenchon (che supera il 24%). Entrambe le formazioni superano quella di Macron, ferma al 23-24%. 
C’è da dire che la crescita dell’estrema destra è un fenomeno che coinvolge svariati Paesi europei tra cui Italia, Spagna, Finlandia e Grecia. Certo, Macron è ormai giunto al suo secondo e ultimo mandato. Tuttavia, il rischio che il suo governo lasci un’eredità di tensione sociale e polarizzazione politica è concreto. 

Quali sono le conseguenze geopolitiche delle tensioni tra USA e Cina? E che impatto avranno sull’Europa? Ne parliamo questa sera alle 18.30 all’ISPI, nel penultimo incontro del nostro Summer Festival – 5 incontri sui nuovi trend globali. Puoi seguire la diretta qui: https://www.ispionline.it/it/evento/summer-festival-5-incontri-sui-nuovi-trend-globali-usa-vs-cina
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2023-06-30 19:51:18
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2023-06-30 19:51:12 PROTESTE IN FRANCIA: IL TERZO GIORNO 

 Le forze del disordine  
Terza notte di fuoco per la Francia. Ad accendere la miccia martedì era stato l’omicidio da parte di un poliziotto di Nahel M, un diciassettenne di origini algerine. Nahel, senza patente, si trovava alla guida di una macchina nei pressi di Nanterre – periferia di Parigi – quando, al rifiuto di sottoporsi a un controllo di routine, un agente di polizia gli ha sparato, uccidendolo.  
In segno di protesta, la madre del ragazzo ha organizzato una pacifica marche blanche. Ma il danno era già fatto: di lì a poco, infatti, la manifestazione è degenerata. La rabbia verso le forze dell’ordine è esplosa con veemenza, spandendosi a macchia d’olio da Nanterre in tanti altri centri urbani.
 
L’odio 
A nulla sono valse le parole di Macron, che ha tempestivamente condannato l’accaduto definendo la morte di Nahel “inspiegabile e ingiustificabile”. E a poco è servita la richiesta d’arresto da parte della Procura per il poliziotto responsabile, indagato per omicidio volontario. L’escalation di violenza non accenna a placarsi, tanto da costringere il presidente francese a rientrare anzitempo dal Consiglio europeo in corso a Bruxelles
Il bilancio della terza notte di scontri è drammatico: più di 600 arresti, 249 feriti tra gendarmi e poliziotti (su ben 40.000 agenti mobilitati). Sono i numeri di una vera e propria guerriglia, che ormai non si limita a colpire rappresentanti dello stato e arriva a minacciare banche, negozi, e zone turistiche. Non a caso, ieri pomeriggio, il porto vecchio di Marsiglia è stato evacuato per via di scontri tra polizia e manifestanti. 

“Fino a qui tutto bene” 
Ma cosa sta succedendo in Francia? Pochi mesi fa le manifestazioni di strada contro la riforma pensionistica voluta da Macron avevano mostrato l’insofferenza e la rabbia di un popolo che si sente sempre meno rappresentato da una classe politica tecnocratica. Per motivi simili, nel 2018, il movimento dei gilet gialli aveva infiammato il paese per settimane. 
Questa volta, però, c’è qualcosa in più. Il fatto che la vittima sia un giovane franco-algerino proveniente da un quartiere popolare alimenta un malcontento diffuso che ha radici ben più profonde. L’assurda morte di Nahel non è che la punta dell’iceberg di un sistema solcato da profonde disuguaglianze, discriminazione e povertà. Nel quale la crescente immigrazione è spesso sinonimo di segregazione più che di integrazione. Un cocktail che, presto o tardi, potrebbe rivelarsi esplosivo. E non solo in Francia. 

Ucraina e migranti sono stati i principali temi sul tavolo dei Ventisette: il Consiglio Europeo è terminato tra molti dossier, qualche decisione e un’impasse. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/consiglio-europeo-stop-go-134232
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